Il vaso di maggiorana

C’era una volta uno speziale; era vedovo e aveva una figlia bella e cara che si chiamava Stella Diana. Stella Diana tutti i giorni andava a imparare il cucito da una maestra. In casa di questa maestra c’era una terrazza piena di vasi di fiori e piante, e tutti i pomeriggi Stella Diana andava ad annaffiare un vaso di maggiorana che le piaceva tanto.  Di fronte alla terrazza, c’era un poggiolo, dove un giovane signore stava affacciato.  E il giovane signore un giorno le disse:

Stella Diana, Stella Diana,

Quante foglie ha la tua maggiorana?

E la ragazza gli rispose:

O bel nobile cavaliero,

Quante stelle c’è nel cielo?

E lui:

Le stelle del cielo non si posson contare.

E lei:

La mia maggiorana non si deve guardare.

Il signore allora si travestì da pescivendolo e andò sotto le finestre della maestra a vendere pesce. La maestra mandò Stella Diana a comprarle un pesce da friggere per cena, e lei scese e domandò al pescivendolo quanto costava. Lui disse il prezzo, ma era una cifra così grossa che Stella Diana disse che non lo voleva. Allora lui le disse: – Per un bacio, glielo do per niente.

Stella Diana gli diede un bacio di sfuggita e lui le diede il pesce per la cena della maestra.

Al pomeriggio quando Stella Diana apparve tra i vasi della terrazza, il signore dal poggiolo le disse:

Stella Diana, Stella Diana,

Quante foglie ha la tua maggiorana?

E la ragazza gli rispose:

O bel nobile cavaliero,

Quante stelle c’è nel cielo?

E lui:

Le stelle del cielo non si posson contare.

E lei:

La mia maggiorana non si deve guardare.

Allora il Signore le disse:

Per un solo pesciolino

Tu m’hai dato un bel bacino

Stella Diana, compreso lo scherzo, s’arrabbiò e si ritirò dalla terrazza, e subito pensò di rispondergli con un altro scherzo. Si vestì da uomo e si mise alla vita una bella cintura preziosa; salì in groppa a una mula e si mise a passeggiare per la via dove stava quel signore. Lui vide la cintura e disse: – Che bella! Me la venderebbe? – Ma lei facendo la voce da uomo, gli disse che non la vendeva per nessun prezzo. Lui disse che avrebbe fatto qualsiasi cosa per aver quella cintura; e lei: – Allora dia un bacio sulla coda alla mia mula e io gli darò la cintura -. Al signore quella cintura piaceva davvero e, guardatosi intorno che nessuno lo vedesse, diede un bacio alla coda della mula, prese la cintura e andò via.

Quando si videro lei sulla terrazza e lui sul poggiolo, ci fu il solito dialogo.

–         Stella Diana, Stella Diana,

–         Quante foglie ha la tua maggiorana?

–         O bel nobile cavaliera, Quante stelle c’è nel cielo?

–         Le stelle del cielo non si posson contare.

–         La mia maggiorana non si deve guardare.

–         Stella Diana, Stella Diana,

–         Quante foglie ha la tua maggiorana?

–         O bel nobile cavaliero, Quante stelle c’è nel cielo?

–         Le stelle del cielo non si posson contare.

–         La mia maggiorana non si deve guardare.

–         Per un solo pesciolino

–         Tu m’hai dato un bel bacino.

–         Per avere una cintura

–         Hai baciato la coda alla mia mula.

A sentire questa battuta, il signore ci restò davvero male. Decise di mettersi d’accordo con la maestra e le chiese il permesso di nascondersi sotto la scala. Quando Stella Diana salì la scala, il giovane, di sotto, le tirò la sottana. La ragazza gridò:

Signora maestra, signora maestra,

La scala mi tira la vesta!

E dalla terrazza al balcone, quel pomeriggio si tenne questo dialogo:

–         Stella Diana, Stella Diana,

–         Quante foglie ha la tua maggiorana?

–         O bel nobile cavaliera, Quante stelle c’è nel cielo?

–         Le stelle del cielo non si posson contare.

–         La mia maggiorana non si deve guardare.

–         Stella Diana, Stella Diana,

–         Quante foglie ha la tua maggiorana?

–         O bel nobile cavaliero, Quante stelle c’è nel cielo?

–         Le stelle del cielo non si posson contare.

–         La mia maggiorana non si deve guardare.

–         Per un solo pesciolino

–         Tu m’hai dato un bel bacino.

–         Per avere una cintura

–         Hai baciato la coda alla mia mula.

–         Signora maestra, signora maestra

–         La scala mi tira la vesta!

Stavolta fu Stella Diana a restarci male e pensò: «Adesso ti faccio vedere io!» Con una mancia al servitore riuscì a entrare una sera in casa del giovane e gli apparve con un lenzuolo sulla testa, una torcia in mano e un libro aperto. Il giovane, quando vide quel fantasma cominciò a tremare e disse:

Io sono giovane, morte mia bella

Va’ invece da mia zia, che è vecchierella.

Stella Diana spense la torcia e se ne andò L’indomani il duetto continuò:

–         Stella Diana, Stella Diana,

–         Quante foglie ha la tua maggiorana?

–         O bel nobile cavaliera, Quante stelle c’è nel cielo?

–         Le stelle del cielo non si posson contare.

–         La mia maggiorana non si deve guardare.

–         Stella Diana, Stella Diana,

–         Quante foglie ha la tua maggiorana?

–         O bel nobile cavaliero, Quante stelle c’è nel cielo?

–         Le stelle del cielo non si posson contare.

–         La mia maggiorana non si deve guardare.

–         Per un solo pesciolino

–         Tu m’hai dato un bel bacino.

–         Per avere una cintura

–         Hai baciato la coda alla mia mula.

–         Signora maestra, signora maestra

–         La scala mi tira la vesta! Io sono giovane, morte mia bella

–         Va’ invece da mia zia, che è vecchierella.

A questa, nuova beffa, il giovane si disse: «Stavolta non posso più sopportare. Troverò un nuovo modo per vendicarmi». E detto fatto, andò dallo speziale a chiedere la mano di Stella Diana. Lo speziale fu ben contento e stesero subito il contratto. Si avvicinava il giorno delle nozze e Stella Diana aveva paura che lo sposo covasse ancora propositi di vendetta per tutti i suoi scherzi. Pensò di farsi una bambola di pasta, grande quanto lei, che le somigliasse in tutto e per tutto, e al posto del cuore le mise una vescica piena di lattemiele. Quando dopo le nozze si ritirò in camera, mise la bambola a letto, con la sua cuffia e la sua camicia, e si nascose.

Entrò lo sposo. – Ah, siamo soli finalmente! È venuto il momento di vendicarmi di tutte le mortificazioni che m’hai dato-. E sguainato un pugnale lo ficcò nel cuore della bambola. La vescica scoppiò e il lattemiele schizzò dappertutto: anche in bocca allo sposo.

– Ah povero me! Com’è dolce il sangue della mia Stella Diana! E io che l’ho uccisa! Cos’ho mai fatto! Ah, potessi mai farla rivivere!

Allora saltò fuori Stella Diana, sana come un pesce.

– Eccomi qua, sono io la tua Stella Diana, non sono mica morta!

Lo sposo l’abbracciò felice e contento e d’allora in poi felici e contenti continuarono a vivere.

Trascrizione in lingua dal dialetto milanese di Italo Calvino 

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