Tito e gli alieni

Tito e gli alieni: fiaba e fantascienza

Nella nostra galassia ci sono quattrocento miliardi di stelle, e nell’universo ci sono più di cento miliardi di galassie. Pensare di essere unici è molto improbabile.
Margherita Hack

Per chi è stato bambino alla fine degli anni ’70 o all’inizio degli anni ’80, i sogni si proiettavano sulle missioni spaziali e sul fascino che il mondo extraterrestre emanava.
“Non eravamo soli”, si potrebbe affermare oggi, e mangiando pane e Goldrake si potevano immaginare viaggi nello spazio profondo condividendo una certa familiarità con i propri eroi… quale filo migliore per passare dalle fiabe dell’infanzia all’idea dei misteriosi abitanti di altri pianeti?

Il lavoro di Paola Randi e della troupe

La regista Paola Randi, classe 1970, ha sicuramente potuto vivere quell’epoca particolare e ha spesso raccontato come siano stati momenti di formazione la saga di Star Wars e i personaggi nati dalla fantasia di Carlo Rambaldi.
Laureata in giurisprudenza, l’autrice si è dedicata alla regia e alla sceneggiatura da autodidatta: tra i suoi maestri immaginari ci sono Hal Ashby e lo stesso Georges Méliès… ma è sicuramente grazie a tanti anni di lavoro e paziente dedizione che il suo estro ha potuto rivelarsi in opere non comuni. Già fin dai primi cortometraggi come Giulietta della spazzatura, per arrivare a Tito e gli alieni, la pellicola presentata al Torino Film Festival.
Il film pare una favola trasportata su di un altro pianeta, ma fermamente ancorata sulla terra: per le riprese i tecnici e la produzione si sono trasferiti ad Almeria (storici set di Sergio Leone) e poi nel deserto del Nevada, dove si potevano trovare cartelli con scritte tipo “Attenzione ai dischi volanti”… un lungo viaggio per trasformare la sceneggiatura nella strana storia dello scienziato italiano, uno stralunato Valerio Mastandrea, alla ricerca della voce dell’Universo o della moglie che non c’è più. Pochi gli effetti speciali, quasi tutti costruiti “artigianalmente” e poi un’emozionante scena finale che riprende Incontri ravvicinati del terzo tipo e ha permesso alla regia l’utilizzo delle proiezioni sull’acqua.

La trama del film

L’atmosfera è lunare.
Uno scienziato italiano vive da anni nel deserto del Nevada, all’interno di uno strano laboratorio: deve condurre esperimenti per un progetto segreto predisposto dal governo degli Stati Uniti. Il professore ha creato un decoder per captare voci dall’universo più profondo, anche se in realtà passa il tempo sdraiato sul divano cercando di rielaborare un lutto personale…
Un bel giorno però arriva con la posta il messaggio sconvolgente che modificherà le sue abitudini: il mittente è Fidel il fratello di Napoli, purtroppo il povero congiunto è morto e le ultime volontà lasciano al solitario professore una pesante eredità, i suoi due bambini. A breve, quindi, sopraggiungono Anita, adolescente già precoce e pragmatica, e Tito di sette anni vivace e sognatore; i ragazzini cercano di trovare posto all’interno di un’ America che non si aspettavano così, immaginavano le luci di Las Vegas e si ritrovano accanto all’area segreta A51, con una base militare che li tiene sotto controllo e tutto attorno il nulla.
Anche lo zio è diverso dalle descrizioni, un tipo malinconico che però possiede qualcosa di speciale e piano piano diventerà loro amico. La storia si dimostra una ricerca di noi stessi nello spazio ultraterreno.

I piani di lettura

La memoria. La regista è partita da un’esperienza personale: il padre ammalato che osserva la foto della moglie, scomparsa molti anni prima, per conservarne il ricordo. Così il Professore eremita indossa cuffie e antenne per captare la voce della consorte negli spazi siderali.
L’aldilà. Non a caso la famiglia del protagonista è di Napoli: per la vicinanza della città col mondo ultraterreno e contemporaneamente per l’irresistibile vitalità (gli attori-bambini Chiarastella Riccio e Luca Esposito sono eccezionalmente bravi).
Fantascienza e fiaba… C’era una volta un buffo signore con un sogno nascosto e un dolore mai sopito, due fanciulli bizzarri e una principessa dai capelli blu: il film di Paola Randi è proprio così insolito e commovente, come sono le fotografie che ci riportano indietro nel tempo.

L’autrice ha narrato un episodio accaduto durante un’anteprima all’Agenzia Spaziale Italiana, un astrofisico le si è avvicinato dicendo: «Lei ha raccontato una cosa vera, una verità a metà: l’eco delle persone che sono vissute resta nell’universo, poiché il tempo non è lineare; il problema è che noi non abbiamo i mezzi per raccogliere questi dati.» Quindi, proseguendo nel ragionamento di Paola, non solo la scienza è uno strumento per comprendere l’universo ma lo è un po’ anche il cinema.

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