Edizione 2010: presentazione di Giovanni Tesio

I segreti che il bosco nasconde

Basta pronunciare la parola bosco ed è tutto una cornucopia di sensazioni. Nella “b” c’è un suono attutito di ramaglie. Nelle due “o” il cupo recinto del mistero. Nella “s” un fruscio lieve di vento, ma anche un sussurro di voce remota. Nella pronuncia della parola tutto questo insieme, accompagnato da una sorta di stupita profondità di richiami. Del resto è pur vero che veniamo dall’acqua, ma veniamo anche dal bosco.

E non è un caso che Henry David Thoreau, l’americano che nel bosco del lago di Walden ci andò a vivere per fare esperienza della vita semplice (dall’esperienza vissuta è nato un libro bellissimo, Walden, ovvero La vita nei boschi), abbia scritto in un altro libro suo, Walking, tradotto in Italia con il titolo Camminare: “Ben poco si può sperare da una nazione che abbia esaurito la propria matrice vegetale.” (E poiché dall’America non ci vengono solo i computer e i cattivi esempi, vorrei ancora ricordare, a proposito di vita vegetale vissuta in tutta la sua tragica evidenza, il film di Sean Penn, Into the Wild, tratto dal romanzo di Jon Krakauer).

Non so perché mi sia lasciato indurre a queste citazioni, che potranno apparire o scontate o pretenziose, ma resta il fatto che pochi temi siano così suggestivi come quello del bosco, della foresta, degli alberi che vivono di vita comunitaria. Titoli di libri, titoli di film, titoli romanzi, titoli di poesie se ne potrebbero accumulare in quantità. Ricordare la vita boschiva del “barone rampante”, pensare alle divine foreste che vanno da Virgilio a Bonaviri, passando per la selva dantesca, luogo del caos, la hyle: aristotelica, immagine della materia oscura, primordiale, che è il volto stesso dell’abisso, e dunque del peccato. Un’intera trafila che va da Sant’Agostino a Petrarca e che arriva al Manzoni dei Promessi Sposi.

Insomma, l’ho presa alta. Ma forse era necessario. Necessario per dire che si tratta di materia nobile e ricca come poche. E soprattutto così congeniale e consustanziale al tema di fondo del nostro piccolo premio. Quanto bosco nel mondo delle fiabe! Quanti Pollicini e quanti lupi! Quanti Cappuccetti! Quanti antichi cavalieri trasformati in magici nocchieri del nostro inconscio!

È stato Gianni Rodari, il gran favoliere moderno, a ricordarci senza esitazioni: “Il tema del bosco e della casa nel bosco (che può essere una capanna, un pagliaio, una grotta) è anch’esso dei più comuni. Si tratti della foresta russa o della giungla indiana, il bosco sta alle fiabe come la farina al pane”. Difficile dire meglio e di più.

Il bosco come luogo iniziatico (in cui le civiltà tribali mandavano i loro figli a diventare uomini). Il bosco come luogo sacro (tempio del nascosto, vibrazione del divino). Il bosco come luogo di incantesimi e di metamorfosi. Il bosco come luogo di nascondigli e di “sentieri interrotti”. Il bosco come luogo di “fuorilegge” e di agguati (la foresta di Sherwood). Il bosco come luogo di destini incrociati (basterebbe pensare ad Ariosto). Il bosco come luogo del buio, come giro dell’ombra, come formidabile universo dei nostri grovigli. Il bosco dei demoni, dei carbonai, degli “òm da bòsch”, dei coboldi e dei sette nani. Il bosco come ventre e come salvezza, come salvaguardia e come risorsa. Il bosco come luogo dell’avventura e della sorpresa. Il bosco-mondo che ha alimentato e continua ad alimentare – nonostante i tanti nefasti annunci di distruzione e di morte – le nostre menti, le nostre emozioni, e infine (tanto più oggi) le nostre esigenze vitali.

Dei tanti modi di concepire il bosco, il mondo delle fiabe è dunque un distretto fondamentale. Quali che siano le nuove scritture (o riscritture) non entreremo mai in un bosco senza pensare a Hänsel e Gretel o a Pollicino, senza ricordare le capanne di torrone e di cioccolato, senza risentire i fiati del mago che mangia i bambini sgranocchiandone le ossa, senza riudire le vocine stridule delle streghe e delle fate vaganti, senza lasciarci percorrere da brividi di attrazione e di ripulsa. Senza abbandonare – voglio dire – l’immaginario che – bene o male – ci ha fatti diventare gli uomini che siamo diventati. Se è vero che agli alberi di quei boschi di carta e fantasia è rimasto appeso tutto il nostro più oscuro (e necessario) bisogno di segreto.

Giovanni Tesio
Docente di letteratura italiana
Presso l’Università del Piemonte Orientale

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.